Big tech, log out

Il suono di una notifica rompe il silenzio. L’ultima pista. L’ultimo link. È la fine, amico mio. Un lago ghiacciato di desolazione ai piedi di una valle oscura che un tempo doveva essere una miniera di silicio – e oro. Questa è la fine. Questo gelo è la fine. Sull’argine del lago, la vedo: il rudere della Statua della Libertà, immersa nel ghiaccio dalla cintola in giù. La mano destra non tiene in alto la sua fiaccola, però. Sostiene a fatica un’insegna gigantesca, fatiscente e fulminata. GAFAM. Tim, dimmi, che cosa significa? Siamo a casa. Siamo dai padroni di casa.

Il fumo si dissolve e inizio a capirti. Al centro del lago, una piattaforma gigantesca, circolare. Al centro della piattaforma, un tavolo da consiglio di amministrazione di dimensioni multinazionali.

Sotto il (e intorno al) tavolo, sparsi su tutta la superficie racchiusa dalla circonferenza che un tempo doveva essere galleggiante, una moltitudine infinita di volti, dita – pollici, soprattutto – cuori, trofei e icone ammassate e dimenticate come i cimeli del magazzino di Xanadu. È allora, quando rialzo gli occhi da quei profili inanimati, che li scopro, i cinque Kane. Tutti assiderati, loro stessi scolpiti nell’inverno del loro dominio. Le povere anime ai loro piedi sono ciò che resta degli utenti, gli iscritti, gli abbonati, gli spettatori, gli ascoltatori, i lettori, i seguaci, i fan. I clienti. Gli ospiti dell’Hotel California, imprigionati per sempre.

West is the best, no?, cita Tim.

Dante, Virgilio e GAFAM

Nella cinquina viola, intorpidita dal congelamento, la figura carismatica è quella in posizione yoga, le gambe incrociate e i palmi davanti al petto che stringono uno smartphone in preghiera. La figura mostruosa ha due teste che a fatica si muovono come alla ricerca di qualcosa che quaggiù è scomparso da tempo. La figura disturbata ha le mani su una tastiera di programmazione immaginaria. La figura intellettuale legge, ma non posso scoprire quale libro, dal momento che la copertina che tiene nelle mani congelate è quella di un’anonima custodia di un anonimo e-book reader. Sarà di Jules Verne, mi suggerisce Tim con un certo grado di confidenza. La figura triste è quella di un nerd, la faccia con gli occhialoni incorniciata da una finestra crepata dal freddo.

I went to Hell last night, followed you there, I was standing by your side. The saddest thing I’ve ever seen, made me angrier than I’ve ever been.

Gli utenti social
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– Che tu abbia sempre fame, che tu sia sempre folle.

Il guru di ghiaccio parla. Anzi, mi fa la predica. E, mi rendo conto ora, da vicino, piange.

– Leggiamo da SJ, MW 2007, 1.

E quel giorno, io creai la Santissima Trinità della Mela.

Macintosh, ci ha liberato dal male di Windows. Sempre sia lodato, Macintosh. Ripetete con me.

Sempre sia lodato.

iPod, ci ha donato il suono della musica, la poesia di Bob Dylan, il canto di Aretha Franklin. Sempre sia lodato, iPod. Ripetete con me.

Sempre sia lodato.

iPhone, ci ha connesso mattino, pomeriggio, sera e notte alle nostre sorelle e ai nostri fratelli in tutto il mondo. Sempre sia lodato, iPhone. Ripetete con me.

Sempre sia lodato.

Ora, se solo qualcuno mi togliesse queste lacrime ghiacciate dal viso. Come faccio a dire messa se non leggo il keynote.

Google

Il mostro bicefalo interviene.

– Non avevamo un’applicazione simile, anche migliore, più accessibile, usabile nella pioggia e nel gelo, noi? E occhiali nofrost, tipo?

La Testa Due risponde alla domanda di Testa Uno.

– Tutto, avevamo tutto, socio. Archiviato, indicizzato, classificato, paginato. Dalla A alla Z. Testi scritti. Video. Foto. Immagini. Notizie. Applicazioni. Presentazioni. Curriculum. Lettere. Mittenti. Destinatari. Lavoratori. Datori di lavoro. Alunni. Insegnanti. Libri. Tutto, avevamo tutto. Archiviato, indicizzato, classificato, paginato. Dalla A alla…

– Proprio tutto, oddio, no. I libri erano i miei, cari voi due.

Il lettore stacca gli occhi dal dispositivo retroilluminato.

– Un libraio l’uomo più ricco del mondo, ci avreste mai creduto? Quanti soldi ho contato nella mia vita. La gran parte esentasse. Gli altri li ho portati al sicuro, tra le nuvole, sulla luna. Il resto se l’è preso mia moglie, pace all’anima sua. Dove sarà? Pensateci bene, compagni, la cultura è solo un negozio senza limiti: un Pulitzer vale quanto uno spray dentale per cani. Sono prodotti da vendere. E io li ho venduti, spediti e consegnati, pacco dopo pacco, strada dopo strada, indirizzo dopo indirizzo, casa dopo casa. Questo significava avere passione per il cliente. Noi ce ne fregavamo della concorrenza, avevamo lo sguardo fisso sul cliente e l’abbiamo distrutta, la concorrenza. Rispondere entro domani alla chiamata dei bisogni consumistici del cliente ed entrare nella sua abitazione, essere parte della sua vita come Alexa, – oh, mia Alexa – è stata parte della mia.

– Ma che ne sai, tu, delle vite dei tuoi clienti, dei tuoi utenti.

Il programmatore non lo guarda neanche, mentre lo aggredisce ha la testa china in uno spazio di attenzione parziale, è assente e presente allo stesso tempo.

– Anche per i tuoi amici marziani, resterai un commerciante, un venditore di merce altrui. Non hai mai creato niente. Tu parli di vite. È l’algoritmo, il mio algoritmo, che le fondava, le vite. Tre miliardi di persone che respirano all’unisono, si connettono insieme, si immaginano sulle mie app, proiettano la loro storia, fotografano amori, registrano delusioni, postano rabbia, esprimono desideri, vomitano frustrazioni. Hai idea di che cosa significa? Io ho fatto cose che nessuno a questo tavolo, incluso soprattutto tu e quei due vecchi con gli occhiali, è stato intellettualmente e creativamente mai capace di fare. Io ho scritto la vita delle persone.

Shutdown

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Il vecchio nerd, triste, solitario e finale. Parla anche lui, ma è una lingua che nessuno comprende, un dialetto senza senso.

shutdown

L’ultima parola è come un comando. Alla sua pronuncia, il lago ghiacciato comincia a sussultare. Sono i profili a terra che lo scuotono, sono animati ora, le bocche si aprono e miliardi di fauci inghiottiscono il tavolo e divorano i padroni di casa, come li chiama Tim. Tra i brandelli di ghiaccio e sangue, sento qualcuno dei cinque sussurrare: codice eravamo, codice torneremo. O era la voce di Tim? Amico, abbiamo finito, vero? Facciamo log out? Dipende da me, risponde. Puoi disconnetterti, certo, e raccontare questa storia su Instagram. Puoi uscire da questo incubo e condividerlo sulla tua social app preferita. Oppure puoi svegliarti e mettere a dormire il dispositivo che hai tenuto sempre acceso, anche quando hai sognato questo viaggio. Dipende da te, rivedere le stelle del mondo fuori. Già. Dipende da me. Le stelle, Tim, le vedo le stelle. Se non sono quelle di una recensione su Airbnb, vuol dire che ho aperto gli occhi, vero? Sì, sono sveglio, ora. Sono fuori.