Cattivi maestri

Camminare, giudicare, scappare. Non pensare. Avanti. Stop. No, non siamo in lista. Ingresso più consumazione? Pausa. Si paga per scendere in questa fossa? Lux, un nome da serie Netflix. Tim conosce l’energumeno che fa la selezione all’ingresso, un marchio sul polso con un timbro di fuoco, indolore, ed entriamo. Tutte le piste da ballo, ne conto una decina, sono una bolgia. Piene di gente importante, in apparenza, non quegli sfigati che abbiamo incontrato prima. La pista da ballo mi chiama, liscia, lucida, illuminata da sotto (sotto dove?). Tim, sono tutti nudi, e timbrati in continuazione, ma che razza di danza è?

La danza
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– Ehi, amico, visto che folla? Sempre così sulla Pista Tre. Non ti ricorda il pubblico della cara, vecchia televisione? Quando sembrava finita, lo schermo rimpiazzato da quell’altro schermo, quello che faceva i calcoli, con scrivania e freccettina, interattivo, dicevano, è un mezzo interattivo, il pubblico non è più passivo, rivoluzione, esultavano, beh, io l’ho fatta risorgere, la televisione.

No video, please

– Abbiamo. L’abbiamo fatta risorgere.

– Si, Steve. Tu e io. Non siamo. Stati. Compresi. Se è vero che siamo quaggiù, spogliati davanti a tutti, marchiati a fuoco. Voi altri, che ci fate qui? Perché non ballate anche voi? Soprattutto, perché siete vestiti? Tim, il tuo amico come si chiama? Dante. YouTuber? Non offenderti, ma non puoi pretendere che vi conosca tutti. Siete una marea. Perché tu sei fuori dallo schermo? Solo spettatore? Cambiano qualcosa? Ci fanno uscire? Sai, questa vetrina sta diventando troppo piccola. Dovrebbero cambiarla, prenderne una più grande. È già stato fatto in fin dei conti, quella scatoletta minuscola che è il televisore l’abbiamo sostituita noi, te l’accennavo prima. Nessuna barriera geografica, broadcasting per tutti, altro che satellite. La seduzione delle immagini in movimento, quanto è irresistibile? Un tutorial su come piantare il basilico o la sfida del cibo nero contro il cibo rosa, li metti dentro un video player e sono attraenti come l’ultima di Lady Gaga. Vuoi chiamarlo pluralismo? Sì, questo è quello che noi chiamiamo pluralismo. Quella tua faccia confusa mi dice che tu invece sei un fan di Pippo Baudo e mamma Rai, il monopolio rassicurante e protettivo, il varietà del sabato sera, la Televisione di Jovanotti

– Alla tua età, quanti anni hai?, una quarantina?, alla tua età è arrivato il momento di emanciparti da mamma e papà, frate, devi conoscere i nostri presentatori, i nostri canali, i nostri tempi. Da noi è sempre prima serata, se lo vuoi. Tu domandi, l’algoritmo trasmette. Guarda, uso una metafora che uno della tua generazione è capace di afferrare: siamo un videoregistratore infinito. Play. Pausa. Skip. Tutte le cassette che hai sognato di avere, noi ce le abbiamo. Se non trovi ciò che cerchi non è colpa nostra, è che non esiste. Oddio, nostra, noi. Loro, in effetti. Larry e Sergej.

Simone
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– Li conosci? Devono essere da queste parti, forse stanno nelle piste sotto. Ci hanno fatto un’offerta che non potevamo rifiutare. Più di un miliardo e mezzo di dollari per un video girato dal nostro amico Jawed allo zoo di San Diego, tu capisci, diciotto secondi di un nerd davanti alle proboscidi degli elefanti, dov’è che devo firmare? Il resto è storia. Produci contenuti come ti vengono, piazzi lo smartphone davanti a te o la webcam che ti pare, pulsante rosso REC, e vai con le visite al parco, con lifestyle, food, videogiochi, stop alla registrazione dopo tre, cinque, dieci minuti al massimo, taglia e cuci e monta con una di quelle applicazioni che sanno usare anche i bambini di dieci anni, e pubblica con regolarità, un video al giorno, due, ancora meglio. Non hai sempre desiderato essere famoso? Un tempo era un privilegio per pochi, ora basta un bel faccino e qualche click e quei due diavoli dei nostri benefattori ti buttano dentro i loro algoritmi di reach, engagement, adsense, suggestion, you may be interested in. C’è da diventare ricchi con la percentuale delle inserzioni pubblicitarie. Per quanto ne sappia, tu puoi diventare il nuovo David Pakman. Si chiama “mercificazione delle forme simboliche”: immagina, quanto può valere un tuo video? Tanto quanti saranno i click su Play. È il mercato dell’intrattenimento online, bellezza. No, non dirmi. Sei anche contrario al mercato. Ma da dove vieni? Provo a spiegarti meglio. Vedi quella bellissima coppietta nell’altra pista? Quei quattro piedi griffati e il cane col papillon di Vuitton?

– Lascia stare le condizioni in cui sono adesso, poveracci, li hanno messi sottosopra. E lascia stare che non erano su YouTube, erano su Instagram, ma avrai saputo almeno questo, no?, anche Mark ha dovuto aprire una sua TV, perché vanno bene le foto, ma niente, credimi, niente è come un video. Quei due hanno fatto sognare il mondo con la loro vita. Il loro matrimonio è stato un royal wedding. Guarda sullo schermo il frutto sacro della loro unione, quel meme vestito Versace: non è adorabile? Sì, tutti i meme sono adorabili, ma questo, quanto è alla moda? Crescendo, poteva diventare un bambino, lo sai? Ora ne arriva un altro, di meme. Se è femmina, bingo. Le femmine sono più belle da vedere, a tutte le età. Vendono meglio. Cosa? Certo che ci guadagnano, credi che postino ogni istante e particolare della loro unione, della loro esistenza solo per il gusto di far vedere la poltrona Frau agli amici gelosi delle superiori? Belli, eleganti, giovani, fertili, influenti, felici e strapagati. Anche settantacinquemila dollari per un post. Non serve molto, no? Devi solo fare quello che fanno loro, vendere te stesso, la tua famiglia, i tuoi figli e condividere il prodotto. Il tuo cappello, per esempio: di che marca è? Ce l’hai un figlio o una figlia? Glielo metti in testa e condividi una foto o meglio un video, la mia bambina, il mio amore, non è la meraviglia di papà con il suo zuccotto Virgil Wear? Ma sai l’esposizione! Non dico settantacinquemila dollari, ma un migliaio VW (mai sentito, ti dirò la verità), te li dà. Dai, togliti dalla faccia quella espressione di riprovazione, sii indulgente, non è mica sfruttamento della prostituzione. Che hanno fatto di male Simona e Simone e tutti quelli come loro? Nulla. Siamo solo segni, simboli con un valore di mercato.

I corpi nudi dei due fondatori cominciano a puzzare, tutta la massa di persone chiusa qui sotto, il sudore, la condensa e la muffa sulle pareti, lo spettacolo raccapricciante di gente immersa nella propria merda, papponi, puttane. Tim, che cosa ci aspetta ancora?