Gola Profonda

– Non provare a toccarlo. Né tantomeno a mangiarlo. Non lo vedi? Non è un cappuccino, è un’opera d’arte.

Grandina merda in questo posto (e no, non è una metafora) e quest’uomo si preoccupa di una riproduzione di una riproduzione. La fotografia di una tazza di caffellatte al tempo dell’impero di Starbucks. Tiene lo smartphone fuori dal fango in cui quasi tutto il suo corpo è sommerso.

– Voi due! Avete visto il mio gelato? Oppure un cane? Juno mi ha fregato il cono. Il fatto è che non si capisce nulla, voglio dire, un attimo prima sono lì a instagrammare il mio gelato mezzo sciolto con Kevin e poi, boom!, sono qui, nella melma fino al collo. A proposito, avete visto Kevin? Forse Juno è con lui.

Dalle labbra gli cola un filo di bava, acquolina in bocca si direbbe, si mescola alla pioggia continua, marrone e maleodorante. Questa pioggia: trasforma ogni appetito in un desiderio nauseabondo e grottesco.

– Perché mi guardate così? Tu con il berretto rosso, io ti conosco. Sei su Instagram. Non negare, dai, quella foto del tuo profilo è inconfondibile. Il nostro algoritmo ce l’ha segnalata come ‘divina’ confrontandola con un database di miliardi di altre foto o ritratti di altri profili, dal presente e dal passato. Le archivia e classifica tutte, la tua compresa. Il nostro algoritmo di scansione intelligente, sì. Come dite? Che cosa ne so io della scansione intelligente di Instagram. Instagram sono io. Mike, piacere. O meglio, Instagram siamo Kevin e io. Anche Juno, il cane, in un certo senso. Abbiamo dato luce a una realtà che era buia, grigia, non credete? L’abbiamo filtrata e resa appetibile in ogni istante. Dante, ecco ho ritrovato il tuo nome, dimmi, non ricordi quanto fosse triste la tua colazione, solitario il pranzo, sciapa la cena? Grazie a noi, hai trasformato tutti i tuoi pasti in un set fotografico colorato e gustoso. Quelle storie che hai condiviso, le devi a noi, tutte le storie appartengono a noi oramai, perché un’immagine vale più di cento parole, no?

Dante e Tim ammirano un hamburger instagrammato

– E per quale motivo dovremmo spingere i nostri utenti, lo sai quanti sono, Dante, sì, sono più di un miliardo, perché spingere più di un miliardo di persone a raccontare la bruttezza della loro vita quotidiana? Se è vero che è la bellezza che salverà il mondo, noi abbiamo inventato il filtro salvifico della bellezza. Un tocco, un tap magico e la tua carbonara diventa il piatto del giorno, la tua torta il biglietto da visita per una candidatura a MasterChef promossa dai tuoi seguaci entusiasti, che non hanno mai assaggiato da te neanche un bicchiere d’acqua. Dove sarebbe il peccato? Nella cultura dell’immagine, nel fomentare la golosità per l’apparenza, dici. Ma abbiamo inventato forse noi la fotografia? E la televisione? Abbiamo messo noi in mano a ogni, dico ogni individuo dai 10 anni in su una fotocamera? Noi non siamo le anime nere del mondo, Dante, cercale da un’altra parte. Noi siamo le anime sgargianti! Noi abbiamo preparato una ricetta da degustare in movimento, instafood che addolcisce l’amarezza di accettare la vita così come è, noi alleggeriamo il peso di accettare noi stessi così come siamo. La realtà insopportabile che ci arrivava dai mezzi di comunicazione del passato, le riviste che celebravano fotografie deprimenti: guerre, carestie, tragedie.

Tutto molto interessante.

/

– No, Dante, non è giusto tutto questo dolore, abbiamo una responsabilità nei confronti dei nostri ragazzi, dei nostri utenti. La vita è meravigliosa e non esiste nulla che un nostro filtro non possa fare per dimostrarlo. Pubblica una foto di un quartiere degradato di periferia su Instagram e stai sicuro che quel quartiere è pronto per essere gentrificato. Del resto, che ci vai a fare sui social se non per cambiare la realtà? Ammettilo, la nostra virtualità è un aggiornamento della tecnologia del libro. E funziona molto meglio. Facciamo scrivere tutti. Tutti possono scrivere. Tutti devono scrivere. Usate le parole, anzi, usate la luce, noi preferiamo la luce alle parole, tutti preferiscono la luce. Scrivete la vostra storia. Chi vi credete di essere? Bene, su Instagram potete esserlo veramente. I vostri occhi sono marroni? Niente spesa per le lenti a contatto, basta il filtro. Volete piallarvi la faccia, filtro. Inturgidirvi le labbra, filtro. Se ti illudi di essere così davvero, diventi così davvero. Il filtro è il tuo reality.

Le sue pupille dilatate sono fisse su di me, mentre le dita incrostate dal fango continuano a fare tap sul telefono.

– Prendi questo luogo orribile. Questo clima infernale. Non posso mostrare ai miei follower una collina su cui piove gelida melma. Se ci fosse un fiore potrei spacciarlo come un post motivazionale, ma qui è tutto così… vero. Pensa se pubblicassi senza filtri, se lo mostrassi per quello che è. Tu, Dante, credi che le persone vorrebbero vederlo? E pensi che gli inserzionisti apprezzerebbero se gli utenti, ansiati, non aprissero più la nostra app? Noi dobbiamo convincerli a scrivere, a scrivere e filtrare, perché ci sia fame di bellezza, Dante, non di angoscia. Ma guarda qua ora: non riesco ad applicare più filtri, se non uno che non conoscevo: ‘Muddy’. È un filtro schifoso: immagina di raccogliere le deiezioni di Juno che ha mangiato il gelato e spargerle sulle foto. Da quando Mark ci ha comprato non seguo più tutti gli sviluppi. Un miliardo di dollari dopotutto non è male. Pazienza, rinuncio a qualsiasi filtro, per cinquecento milioni.

Kevin, the founder
/

– Certo, a Jan e Brian è andata meglio. Quattro miliardi a testa. Ma a chi interessa più, oramai. Tanto qui sotto non prende, manco una tacca. Wi-fi, figurarsi. Solo che avrei voluto godermeli, quei soldi. Spassarmela insieme a Kevin. Kevin. Dov’è Kevin? Dove son finiti tutti quanti? Aspetta. Quell’ombra lì, a terra, immobile sotto la pioggia. Sembra un calco di Pompei. Ma quello è Kevin. Kevin, alzati! Andiamocene, Kevin! Dante, tu e il tuo amico, scappate via anche voi da questo posto. Sarà molto peggio, tra qualche anno. Dammi retta, non scendere più in basso. Dico sul serio. Ma tu vuoi andare fino in fondo, continuare il tuo viaggio. Allora accomodati, scopri tutto, ma fallo da solo. Kevin! Kevin! Perché non ti alzi?