Siri, apri memo vocali: comunicare al mondo che la discoteca multipiano is the new Inferno. Comunicare al mondo. Ne esisterà ancora un altro, quando saremo riusciti a sfuggire a questo incubo concentrico in cui tutti ballano come gli zombie di Thriller? Tim, te lo dico: ho paura. Portami via, lontano, però, non più in basso. Mi ascolti? Proteggimi. Tu sai dov’è la via di uscita. Di qua? Ancora più giù? Ti seguo, Tim, come un figlio segue suo padre.
Nuova pista sia, e nuovo ballo. Dress code: un giornale, a quanto pare. Lo indossano tutti. Titolo a nove colonne: Everybody dance the tabloid dance. Ma non è di carta, il giornale, è di piombo, come i caratteri del vecchio Johannes. Questo spiega perché i ballerini qui sono ancora più rigidi dei morti viventi di sopra. In compenso, rullano e strillano.
Ultima ora: Genova, le immagini shock del video dello stupro… California, rifiuti tossici sulle coste… Inghilterra, Kate fa shopping con William… TV, il parente misterioso chiede la separazione dalla moglie… USA, il video shock dell’uccisione di una tigre… Musica, Anna Tatangelo contro Rihanna…
Dopo la raffica di notizie, si alza la nuvola di fumo di un sigaro: non c’è un bot dietro, c’è quello che resta dell’anima di un essere umano. Del resto, quale algoritmo, quale intelligenza artificiale che si definisca tale accosterebbe Anna Tatangelo a Rihanna, fosse pure in uno scontro mortale? Provo il test di Turing?
– Ehi, tu! Studente di lettere? Laureato. Capisco. Mi dispiace. Ma fa niente. Senti, lo vuoi un lavoro? Sì, hai capito bene, ti offro un lavoro, anche se sei laureato in lettere. Entrare dentro la notizia, informare i cittadini, raccontare il mondo, fare la guardia alla democrazia: è una missione, la nostra, ragazzo, non una professione! Come dici?, hai quarantadue anni e non vuoi essere chiamato ragazzo. Significa che non sei interessato allo stage non retribuito? Benedetti giovani. Gli offri un lavoro morto e lo rifiutano.
Si rivolge al suo compagno di danza, sigaro e raffica di notizie in bocca anche lui.

– Sai che c’è, il ragazzo ha ragione. Ci abbiamo provato in tutti modi a resistere, a mantenere il nostro quarto e il nostro quinto potere, ma un conto era combattere con gossippari come Drudge che credevano di poter fare tutto da soli grazie a questa maledetta invenzione dei siti web che anche un ragazzino brufoloso è capace di mettere su. Io ne ero sicuro, alla fine ne saremmo venuti a capo, li avremmo assunti, questi blogger indipendenti, li avremmo pagati, li avremmo sfruttati, spie per il lavoro sporco dell’informazione, inviati sul campo della politica, degli accordi sottobanco, gli inciuci, le cene galanti, che tempi, che nostalgia… Che dicevo? Drudge, già… Niente è stato più come prima, ma avevamo ancora speranza: avremmo tagliato, avremmo licenziato, avremmo detto addio al rumore delle rotative, ma avremmo continuato a dare notizie, a essere il motore della libertà di espressione, avremmo perpetuato il senso della nostra professione, avremmo tradotto la prima pagina in homepage. Avremmo fatto qualsiasi cosa fosse stata necessaria. Finché non è arrivata l’altra mazzata delle dot com e dell’11 settembre. Ci riprendiamo dalla botta e ci troviamo di fronte il giornalista cittadino, un arrogante signor nessuno che grazie a un telefonino e a YouTube crede di essere un reporter. D’accordo, ti rendiamo famoso, caro cittadino, prendiamo il tuo video amatoriale del cazzo e te lo pubblichiamo in homepage, senza diritto d’autore, sia chiaro, ci manca pure che ti paghiamo, sei un dilettante, no?

– È allora che iniziamo a perdere il controllo: siamo circondati. Facebook, Twitter, Instagram, Google. Non è un problema di cittadini che vogliono fare i giornalisti. È un problema di lettori che non leggono i giornali, spettatori che non guardano la TV. L’aria è cambiata, ora guardano i social. Sul fottuto smartphone con le sue fottute app. Ma va bene, lo facciamo anche noi. Sbarchiamo sui social, dopo il sito, l’homepage, un account per ogni dannato social network inventato dall’ultimo degli studenti di informatica di Stanford, e sviluppiamo un’app, e sviluppiamo due app, tutte le app che volete, avete ancora spazio sul maledetto dispositivo? Ma state tranquilli, cari lettori, vi accompagniamo noi nella selva informativa della rete, non temete l’infodemia, fidatevi di noi che conosciamo il mondo, la vostra guida quotidiana da duecento anni, i mediatori della conoscenza, quelli che fiutano il futuro, gli esperti.
Come with me and take the ride, I’ll take you to the other side.
– Non vorrete davvero che sia un nerd sociopatico di White Plains (White Plains, capisci) a decidere come si sta al mondo? Beh, giovanotto, lo volessero o no, è successo. Noi ci abbiamo provato. Ci siamo trascinati dietro i nostri lettori, come la rana con il topo di Esopo. Forse conosci la storia. Li abbiamo legati alla nostra colonnina morbosa di destra, l’elemento portante del giornalismo al tempo dei social media: i video degli uomini che mordono il cane, l’influencer figa del momento, il benzinaio gagliardo che parla in romanesco, i battibecchi puerili tra i politici, i look perfetti per le cerimonie. Ma era a fin di bene, ragazzo, senza i click, senza le visualizzazioni, non arrivano gli introiti pubblicitari e sai di quanti click abbiamo bisogno, solo per sopravvivere? Non hai idea. Ma non siamo sopravvissuti. Il nibbio a tre teste è arrivato e si è portato via i lettori. E noi con loro.
– Pensavamo di aver stretto un accordo con quell’uccello mostruoso. Gli abbiamo concesso tutto: i pixel nelle nostre pagine, il tracciamento a tappeto e vita natural durante di ogni fesso di lettore capitato per caso sul nostro giornale, sì, pediniamoli insieme, nibbio, per te abbiamo cambiato anche il nostro modo di scrivere, di raccontare, di pensare, lo abbiamo ottimizzato perché diventasse uno straccio di testo a uso e consumo del motore di ricerca, pronto alle condivisioni social, non più pezzi ma pezzettini per analfabeti di ritorno, meme di un’arte trasfigurata. Pensavamo di fare fifty-fifty e continuare a mettere i piedi sulla scrivania del mondo. L’uccello ci ha divorato in un boccone.
– Mai, nella storia, gli sviluppatori di tre sole aziende hanno avuto così tanto potere sulla vita delle persone.
Un’anima stesa a terra, crocifisso all’interno di una ruota dalla quale sembra ricavata la forma di una lettera che non riesco a decifrare. Non appartiene alla specie dei due sigari. Tre sole aziende. L’uccello. Parla come se avesse davanti a sé le slide di un PowerPoint.

– Abbiamo bisogno di un’etica del design dei prodotti. Il tempo è tutto ciò che ci resta della nostra esistenza. E quando siamo in armonia con noi stessi il tempo a disposizione si espande. Pensa a quante cose succedono nello spazio di un’ora trascorsa a ballare rispetto a quelle che succedono in un mese di lavoro. (Chiaro, non il ballo lento di quei due poveracci che credono ancora di dirigere qualcosa della loro vita. Ma chiudiamo la parentesi.) Torniamo al tempo. Al tempo perso. A leggere la spazzatura dei giornali online. Lo spam nella casella di posta. Le storie dei nostri amici, in mezzo ai post sponsorizzati. Voi, ce l’avete un figlio? Vi siete mai fermati a pensare come stiamo annichilendo la capacità dei nostri ragazzi di restare concentrati? Dove va la loro attenzione? Dove lo decidono una manciata di sviluppatori ventenni e trentenni, bianchi, residenti a San Francisco, ecco dove va. Dobbiamo preoccuparci? Sì, dobbiamo preoccuparci. La psicologia umana è vulnerabile, piena di bug dai tempi di Adamo ed Eva. Una mela tira l’altra. Guarda la foto di Marc. Metti un like. Leggi i commenti. Controlla che cosa hanno postato gli altri tuoi amici. Condividi il link. Guarda il video consigliato. Ricevi una ricompensa. Fatto. Sei agganciato. Un altro giro. E controlla la mail, mi raccomando, resta aggiornato, apri l’homepage del quotidiano, forse Kim Jong-un ha sganciato l’atomica sul Giappone, non restare tagliato fuori, tutti lo sanno in tempo reale e tu eri lì che avevi silenziato le notifiche. (Tra parentesi, io ero per le notifiche blu, non rosse.) Ma tu lo sai che ogni volta che controlli la posta elettronica smetti di respirare? Email apnea, la chiamano. Il sistema nervoso simpatetico si attiva e pompa glucosio e colesterolo nel sangue, il battito cardiaco aumenta e sei pronto a combattere e mandare a fare in culo quel bastardo del tuo collega. Ma noi siamo qui per curare i peccati del mondo. La nostra missione è esaudire i vostri desideri, soddisfare i vostri bisogni. Liberarvi dalle distrazioni. Vi fidate di noi, vero? Noi siamo Ippocrate che giura, noi siamo il contadino che coltiva cibo sano. Noi ci preoccupiamo per voi. Noi sviluppiamo prodotti che rispettano il tempo che la vita vi ha messo a disposizione con tutta la sua limitata generosità. Noi non vi interrompiamo. Noi non vi distraiamo. Non siamo evil. Siamo well-being. Noi siamo la Divisione per l’Etica di Google, la coscienza della Silicon Valley.
Aspetta l’applauso per la sua presentazione. Tim ha una reazione strana, inarca le sopracciglia e trattiene una risata contrariata e imbarazzata. Si allontana rapido. Come sempre da quando tutto questo ha avuto inizio, non ho altra scelta che andargli dietro.